Un Taurus Speciale

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OM Taurus 1939

█  Cabina speciale “merito” dei tedeschi

All’epoca, il mercato offriva autocarri con cabine allestite direttamente dal produttore o con cabine fuoriserie realizzate da carrozzieri indipendenti, diversificate nell’estetica e spesso più comode e accessoriate, ovviamente a un costo superiore. 

Nel caso del Taurus, la cabina fuoriserie più nota è quella realizzata dalla Orlandi di Brescia, con linee più aerodinamiche e di dimensioni più generose rispetto a quella di serie della OM, immediatamente distinguibile da quest’ultima per l’adozione del parabrezza apribile diviso in due parti in luogo di quello fisso in un unico pezzo.

La cabina del Taurus qui illustrato non appartiene  a nessuna delle due categorie, perché si tratta di una realizzazione artigianale, prodotta in esemplare unico, caso non raro tra gli autocarri sopravvissuti alla guerra. Il motivo che porta alla realizzazione dell’atipica cabina va ricercato nella particolare storia di questo esemplare.

Il nostro Taurus viene acquistato nuovo nel 1939, anno del suo lancio, quando successivamente all’armistizio del ’43 viene requisito dal comando tedesco locale e utilizzato per la repressione delle bande partigiane, molto attive nel cuneese.

Il Taurus era talmente ambito dall’esercito tedesco che tra il 1944 e il ’45 ne acquistò dalla OM ben 2305 esemplari, ritenendolo in quel momento il miglior autocarro italiano.

Nella versione militare ne venivano apprezzate l’affidabilità, la maneggevolezza che gli permetteva di incunearsi tra le stradine di campagna e nei centri storici, e non in ultimo la velocità, tanto che sistemando un affusto con mitragliatrice pesante sul cassone, venne spesso utilizzato per sortite e assalti ai presidi partigiani, disimpegnandosi celermente in caso di fuga.

Proprio per sfuggire a un’imboscata dei partigiani ed evitarne la cattura, il Taurus oggetto di queste pagine viene sacrificato lanciandolo giù da un dirupo della Valle Ellero, nei pressi di Mondovì.

Il camion rimane sul fondo del dirupo fino alla fine della guerra, quando nel 1945, evidentemente dopo averne valutato la recuperabilità e accertato che il danno riguardava esclusivamente la cabina  andata irrimediabilmente distrutta, si procede con il suo recupero.

La cabina viene ricostruita ex-novo da una piccola carrozzeria artigianale, la carrozzeria dei F.lli Giubergia di Mondovì, realizzando un’intelaiatura in legno su cui vengono applicati i pannelli in lamiera sagomati a mano. Se si pensa agli scarsi strumenti di cui poteva disporre all’epoca una piccola carrozzeria, il risultato è sorprendente.

È probabile che i Giubergia si siano ispirati alla cabina fuoriserie della Orlandi visto il profilo aerodinamico e il parabrezza diviso in due pezzi. Si distingue da questa per essere leggermente più stretta ma anche più lunga, talmente lunga da acquisire una seconda luce laterale, un finestrino fisso in corrispondenza del quale vi è la cuccetta. A differenza degli altri Taurus, su questo esemplare la cuccetta è separata dai sedili e può essere utilizzata anche a veicolo in marcia, una soluzione che fa pensare a un uso per lunghe distanze.

Una cabina più lunga significa poter disporre di abbondante spazio, migliorando ulteriormente il già buon comfort di bordo della cabina di serie; la strumentazione è quella originale OM, con tre elementi circolari più l’orologio, un accessorio non comune all’epoca.

Anche all’esterno si fa ricorso alla personalizzazione, con la presenza di bordini di finitura in alluminio lungo il vetro delle portiere, le modanature lungo la linea di mezzeria della cabina, il gocciolatoio e le pedane zigrinate sui paraurti e sui parafanghi per un più facile accesso al vano motore. Ulteriore vezzo con fini esclusivamente estetici sono i fregi posti sulle portiere che rappresentano un’ala stilizzata, elementi che denotano una certa attenzione nella realizzazione, soprattutto se si considera il periodo e la dimensione artigianale della piccola carrozzeria che li ha realizzati. 

Nel 1946 l’autocarro è pronto per essere reimmesso su strada, viene quindi reimmatricolato al PRA e dotato di nuove targhe. Nel 1950 viene acquistato da Giovanni Barale, trasportatore di Roccaforte Mondovì, e ritargato per la terza volta acquisendo la targa attuale. Barale utilizzerà il suo fidato Taurus per 20 anni, trasportando per tutta Italia in conto terzi ceramiche del rinomato opificio Besio di Mondovì, principalmente stoviglie. Nel ‘71 il nostro Taurus lascia il servizio di trasporto attivo e viene dotato di un ingombrante vomere spartineve anteriore per essere usato quasi esclusivamente per la pulizia del piazzale della ditta negli innevati inverni cuneesi. Nel ’99 viene ceduto a Luca Isoardi, noto appassionato di autocarri d’antan, che lo avvia a un lungo restauro terminato solo nel 2018. 

La vista di profilo permette di apprezzare la lunghezza della particolare cabina con seconda luce laterale. La personalizzazione risulta abbastanza discreta, sono presenti i bordini di finitura in alluminio intorno al vetro delle portiere, le modanature lungo la linea di mezzeria della cabina e il gocciolatoio, tutti elementi recuperati durante il restauro. Sulle portiere è presente una vezzosa ala stilizzata costituita da tre elementi.

L’interno della cabina è molto più ampio del Taurus standard, tanto da trovarvi posto una comoda cuccetta posteriore utilizzabile dal secondo autista anche in marcia. Sul Taurus di serie è invece la spalliera dei sedili a fare da cuccetta una volta riposizionata, ovviamente solo a veicolo fermo.

Il quadro strumenti ha gli indicatori marchiati OM e dispone dell’orologio, raro accessorio dell’epoca.

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