Il risultato è che il PRA si ritrova in pancia migliaia di autoveicoli ormai scomparsi dalla circolazione pur continuando a risultare registrati, incongruenza che i club di marca e di modello segnalano ormai da anni.
Si tratta di situazioni che non hanno riscontro in altri paesi e che pur limitandosi nell’ipotesi migliore a qualche centinaio di migliaia di casi, per l’età dei veicoli coinvolti rappresenta un elemento condizionante nel determinare l’età media dei veicoli iscritti. Lo stesso numero assoluto di 3,7 milioni di auto storiche ancora registrate al PRA, ovvero di auto che superano i 30 anni di vita, contrasta in modo evidente con la realtà dei fatti: con un parco auto circolante pari a 39 milioni, significherebbe avere sulle nostre strade almeno un’auto storica ogni 10 auto circolanti, il 9,3% per l’esattezza. Basta fermarsi a un incrocio all’ingresso di una qualsiasi città di qualsiasi dimensione a qualsiasi latitudine, che sia a Nord o a Sud poco cambia, per constatare empiricamente come tale percentuale sia totalmente priva di fondamento: si è più vicini a un rapporto di 1:100 invece che 1:10.
█ Un falso che si ripete da 10 anni
Riportare continuamente un falso, in questo caso ripetutamente ogni anno per 10 anni di seguito, lo fa diventare ineluttabilmente una verità. Sticchi Damiani ha adottato una tecnica molto nota in ambito comunicativo, che però contrasta palesemente con il rigore d’analisi richiesto a chi rappresenta un interesse collettivo, ancor di più se tali dichiarazioni condizionano voci di spesa riguardanti denaro pubblico.
Partiamo da lontano, dal 2015, quando Enrico De Vita, storico ex caporedattore di Quattroruote, nonché responsabile commerciale di Innocenti, Moto Guzzi e Maserati, sulle pagine di automoto.it contestava cifre alla mano le prime uscite del presidente ACI relative al parco circolante nazionale più vecchio d’Europa: “Una congrega di personaggi che contano vuol far passare il messaggio che il parco auto nazionale sia vecchio, pericoloso e inquinante. E mira a farci rottamare anzitempo le nostre vetture. Ma ha sbagliato i conti”.
De Vita rincarava la dose: “Quale può essere il fine nascosto di tali dichiarazioni, oltre al nobile scopo di migliorare la sicurezza di noi tutti e di farci respirare aria meno inquinata? Ovviamente è quello di farci cambiare auto, anche se non ne sentiamo proprio il bisogno, soprattutto perché non abbiamo le “palanche” per farlo. Certo, le case costruttrici hanno lo scopo sociale di produrre e vendere, ma al Ministero dei Trasporti e all’ente che dovrebbe curare gli interessi degli automobilisti, che gliene cale?”.
Già: Che gliene cale? Domanda lecita, soprattutto considerando che ACI, come ricorda De Vita, è il soggetto che statutariamente dovrebbe curare gli interessi degli automobilisti, ovvero i proprietari delle auto e di chi ne fa uso, non di chi le produce.
Passano gli anni e arriviamo a maggio 2022, un anno fa. Alla solita dichiarazione del presidente Sticchi Damiani a cui fa eco tutta la stampa nostrana, si contrappone la sola voce di Nicola Spada di Quotidiano Motori, il quale, analizzando compiutamente i dati forniti da ACEA, giunge a questa conclusione: “Come spesso accade, siamo bravi a parlare male di noi stessi, ed è un peccato. Questo non vuol dire che non si possa fare meglio, ma la frase fatta: «l’Italia ha un parco auto tra i più vecchi in Europa», non è supportata dai numeri”.
Contro ogni evidenza dei numeri, quindi, il presidente di ACI riporta informazioni non veritiere e, probabilmente cosa ancora più grave, nessuno o quasi lo smentisce. Ma non finisce qui.
█ Lo strano caso del primo numero con le lettere dei lettori
Anche quest’anno la stampa tutta, senza battere ciglio, ha riportato come fatto incontestabile le dichiarazioni di Sticchi Damiani. Per quanto di nostra conoscenza solo una pubblicazione le ha contestate e lo ha fatto indirettamente, smentendo nella fattispecie quelle del ministro delle Imprese e del Made in Italy che le riprendeva: “Adolfo Urso ha dichiarato che «abbiamo il parco macchine più vecchio d’Europa». I numeri gli danno torto“, scriveva l’11 aprile scorso Carlo Canepa sulle pagine di Pagella Politica, testata indipendente impegnata nella verifica delle informazioni provenienti dal mondo politico e membro dell’IFCN, la principale rete internazionale di fact checking. Una goccia in mezzo al mare.
A tale contestazione si sono contrapposti i titoli di tutti i quotidiani italiani, nessuno escluso, a cui si sono accodati i periodici di settore, in teoria in possesso di tutti gli strumenti di verifica per accertarsi della realtà dei numeri. Tra le altre, spiccavano per fervore Quattroruote e Ruoteclassiche del gruppo editoriale Domus, direttamente coinvolte nel progetto ACI Storico. Ora, che le pubblicazioni nostrane siano ormai abituate a riportare le veline del presidente di turno non è una novità, che siano però tutte così scrupolosamente allineate acriticamente costituisce una stranezza non da poco.
Ma le stranezze non finiscono qui. Sul primo numero della neonata testata Youngclassic, house organ facente parte del trittico di nuove pubblica-zioni aziendali ACI, in un eccesso di zelo nel perorare il verbo presidenziale, si arriva persino a pubblicare una serie di quesiti dei lettori non ancora in grado di esserlo per assenza di numeri precedenti. Uno in particolare relativo alla lista di salvaguardia di ACI Storico è l’occasione per consentire al guru di turno di riproporre il concetto caro al presidente Sticchi Damiani: “Il problema è che il nostro parco circolante è tra i più anziani in assoluto…“, con a seguire le consuete tesi sulla selezione delle auto storiche, come ormai arcinoto “logica e oggettiva”.
Il problema a nostro avviso è invece un altro e ben più grave: la stampa, da cane da guardia del potere, ha assunto le sembianze del ben più compiacente cane da compagnia. ▄