FIAT Ritmo, Icona di Design
- Fiat Ritmo 45° Anniversario
- 11 Settembre 2023
Ritmo
Sono trascorsi 45 anni dalla primavera del ’78, anno in cui vede la luce un’auto che ha rappresentato dal punto di vista stilistico una tappa particolarmente importante nella storia automobilistica. Dopo quasi mezzo secolo, la Ritmo si prende le sue rivincite
a cura della redazione
È il 20 aprile quando al 57° Salone dell’Auto di Torino la Fiat presenta la Ritmo, auto che da subito si mostra come divisiva. Fino alla presentazione non sembra possibile che la casa torinese possa immettere sul mercato un’auto dal disegno così ardito e inedito.
Anche all’apparire delle prime foto reali, soprattutto sulla stampa francese, ci si chiede se sia presente ancora un qualche camuffamento simile ai prototipi visti in strada: si stenta a credere che la Fiat, notoriamente molto conservatrice in fatto di stile per i modelli di classe media, possa davvero aver cambiato così radicalmente cifra stilistica.
L’accoglienza, dicevamo, è quanto mai polarizzata: da una parte i più progressisti, molti dei quali neppure clienti del marchio di Corso Dante, vedono nella Ritmo elementi di modernità mai osservati prima su un’auto, plaudendo al coraggio della dirigenza torinese; dall’altra, la clientela più conservatrice sottolinea invece come l’aspetto sia talmente innovativo, troppo, da renderla sgraziata.
Nonostante siano trascorsi 45 anni, tale divergenza d’opinione accompagna la Ritmo ancora oggi, almeno in Italia; all’estero, invece, il trascorrere del tempo l’ha resa una vera e propria icona del design degli anni ’70, anche su quei mercati in cui l’auto non ha sfondato.
█ Il contesto: in Italia è crisi economia
All’inizio degli anni ’70, il gruppo Fiat aveva dato prova di grande dinamismo stilistico nel settore delle auto sportive: la X1/9, la Lancia Stratos e la Beta Montecarlo su tutte, costituivano esempi eclatanti di come i dirigenti della casa tentassero nuove strade in termini di design.
Coraggio in verità calcolato, limitato com’era a settori di mercato in cui eventuali fallimenti non avrebbero procurato grandi perdite economiche o d’immagine. Tutt’altro discorso valeva per i modelli destinati a realizzare grandi numeri, per i quali, già a partire dagli anni ’60, la Fiat aveva definito le linee: il disegno della 132, con i primi bozzetti che risalgono al 1965, della 130 e della 131 più tardi, non presentavano grandi elementi di novità.
La stessa 128, pur meccanicamente avanzata, non aveva saputo rinunciare a uno stile sobrio, non particolarmente innovativo. Solo la 127, in parte, si era distinta per soluzioni stilistiche nuove, comunque mitigate da una visione complessiva del progetto ancorato a soluzioni note, se paragonato, ad esempio, alla Renault 5 o alla Peugeot 104.
In Lancia si era osato un po’ di più, la Beta e la Gamma, berline di fascia medio-alta, avevano tentato strade nuove, rivolgendosi paradossalmente a una clientela che in quel settore di mercato mal digeriva le innovazioni particolarmente spinte.
I marchi concorrenti nei primi anni ’70 presentavano auto che si differenziavano completamente dallo stile precedente: Renault, Citroën e Peugeot in Francia si erano rese protagoniste di un corso completamente nuovo; NSU in Germania aveva puntato talmente tanto sul rinnovamento da ritrovarsene vittima e non riuscire più a gestirlo economicamente; persino la malandata industria automobilistica inglese aveva definito le linee di due modelli, l’Allegro e la SD1, che a modo loro, avrebbero portato elementi distintivi nel mondo dell’auto. In Italia, l’Alfasud, ma anche l’Alfetta, avevano mostrato uno stile notevolmente più moderno dei corrispettivi modelli torinesi.
Al dinamismo della concorrenza si aggiungeva un ulteriore elemento, la crisi economica del ’73 aveva di fatto bloccato il mercato dell’auto lasciando nei piazzali migliaia di veicoli invenduti. La crisi, nota a livello mondiale come crisi petrolifera, in Italia si era innestata in un contesto di profonda fragilità economica, tanto che, unico paese europeo, si era trasformata immediatamente in crisi economica strutturale.
Il ritardo tecnologico, l’inadeguatezza del sistema fiscale, la bilancia dei pagamenti in passivo, la cronica debolezza della lira, l’inefficienza della pubblica amministrazione, avevano reso il nostro paese particolarmente esposto a elementi di crisi esterne.
L’inflazione, in particolare, sarà costantemente in crescita: partita dal 9% di inizio ’73, arriverà al picco del 25% a fine ‘74. Se in Italia la crisi del ’73 è nota come crisi energetica, quasi a voler ricercarne la causa in un elemento esterno, internazionalmente, con maggiore coerenza, viene indicata come crisi economica italiana.
Anche a causa della crisi economica interna, il desiderio d’innovare si era trasformato in una vera e propria necessità: servivano modelli dal consumo ridotto, ma anche più moderni, che si adattassero meglio al nuovo concetto di praticità che si andava affermando.
In particolare, il design assumeva un ruolo sempre più importante nello sviluppo dell’auto, al pari della sua sicurezza. Concetti che influenzeranno, e molto, quella che sarà la nuova vettura di classe 1100/1300 del gruppo torinese. ►