█ Progetto sofferto
Lo stile viene più volte corretto, se non stravolto, nel corso della lunga gestazione della Ritmo.
In questo bozzetto appare il frontale in materiale plastico che si rifà al progetto ESV. Tutti gli studi di stile precedenti a quello definitivo riportano fari rettangolari.
█ A linee tese
I primi bozzetti del progetto X1/30, diventato successivamente X1/38, rivelano il tentativo iniziale di proseguire sulla scia del collaudato stile caratterizzato da linee tese già utilizzate sulla 131 e sulla 126.
█ Le ESV e il marketing
Alla Fiat veniva imputato un eccessivo conformismo nello stile, soprattutto all’estero, dove i marchi concorrenti, a esclusione di Ford e Opel, avevano, come detto, mostrato grande vivacità in termini di design. Eppure, già a fine anni ’60 in Fiat avrebbero avuto l’opportunità di percorrere strade nuove.
Fausto Boscariol, una matita di cui si parla troppo poco, quando era in Bertone aveva avuto modo di presentare soluzioni innovative per le vetture di classe media della Fiat, tra le quali figuravano i paraurti in materiale plastico integrati nella carrozzeria per il progetto di quella che successivamente sarebbe stata la 131. A Torino accoglieranno freddamente tale proposta, di fatto cassandola, con motivazioni legate non solo a valutazioni squisitamente tecniche: Fiat aveva un interesse diretto nella Cromodora, l’azienda produttrice di paraurti in metallo.
I paraurti ad assorbimento d’urto torneranno nell’agenda Fiat qualche anno dopo, tanto da dare il via a uno studio apposito, l’ESV (Experimental Safety Vehicles), seguendo l’iniziativa dell’NHSB (l’ente americano per la sicurezza stradale), che sfocerà nel marzo ’73 nella presentazione in Giappone di tre diversi prototipi, tutti caratterizzati da fasce frontali e di coda costituiti completamente da elementi in materiale plastico ad assorbimento d’urto.
I risultati ottenuti dallo studio ESV, pur non eclatanti nel complesso, se non addirittura fallimentari per alcuni aspetti, non potranno che condizionare i progetti che dal ’73 si susseguiranno sulle scrivanie di Mirafiori.
E proprio nel ’73 vengono definite le linee guida di quella che nelle intenzioni dovrebbe sostituire la 128, stilisticamente invecchiata rapidamente, più rapidamente di quanto previsto, se confrontata con le concorrenti, soprattutto francesi.
Il lavoro che si prospetta per Gian Paolo Boano, a capo del Centro Stile Fiat, non è certo facile, anche perché, per la prima volta in casa Fiat, viene introdotto un nuovo elemento di vincolo per i progettisti: l’ufficio marketing.
Se prima di allora era la dirigenza a decidere gli indirizzi dei progetti e successivamente la loro accettazione o il loro rifiuto, da quel momento saranno “quelli del marketing” a definire cosa offrire alla clientela basandosi sui desiderata di quest’ultima, utilizzando quello che diventerà un elemento imprescindibile nella ricerca di mercato, il questionario, da distribuire a un campione di pubblico quanto più vasto possibile.
Il nuovo modello Fiat deve rispondere alle rinnovate esigenze della clientela degli anni ’70 che vive in quei giorni, soprattutto in Italia, la più pesante crisi economica del dopoguerra. Deve quindi avere consumi ridotti, anzi ridottissimi, essere sicura, pratica e avere una linea immediatamente distinguibile, in ossequio all’edonismo di massa che sta prendendo piede in quel momento e che si affermerà pienamente nel decennio successivo.
█ Con la coda ?
Inizialmente si valuta persino la soluzione a due volumi e mezzo, non ritenuta sufficientemente innovativa dal reparto marketing.
█ Un progetto tormentato: da X 1/30 a X1/38
Boano assegna il progetto a Sergio Sartorelli, transitato in Fiat dalla OSI dopo la chiusura di quest’ultima nel ‘68 e a capo dal ’73 del nuovo reparto Studi Futuri, creato qualche anno prima con l’obbiettivo, il solito, di ridurre i costi legati alla realizzazione dei prototipi.
Il progetto, a cui viene assegnata inizialmente la sigla di X1/30, viene indirizzato dal vertice del Centro Stile verso due filoni paralleli, uno a due volumi con portellone, l’altro a due volumi e mezzo, quasi tre. I modelli che ne escono fuori hanno linee tese e pulite, con un ampio ricorso agli angoli vivi e con un frontale molto lineare, caratterizzato da un fascione in materiale plastico che integra la mascherina, a richiamare in qualche modo le esperienze delle ESV.
I fari rettangolari e le frecce integrate nella carrozzeria conferiscono al frontale un aspetto moderno; i paraurti, seppure in materiale plastico, sono invece esterni al corpo vettura. La soluzione a due volumi e mezzo è invece molto vicina a essere quasi una 131 senza la coda. Lo stile, anche se complessivamente moderno, visto oggi risulta abbastanza anonimo e privo di quegli elementi caratterizzanti richiesti dall’ufficio marketing. Evidentemente, l’indirizzo dato al progetto non soddisfa pienamente la dirigenza, e neppure l’ufficio marketing, perché, a un certo punto, il progetto cambia totalmente indirizzo e finanche il nome, passando da X1/30 a X1/38.
Lo stesso Boano, in più di un’intervista, tenderà a essere elusivo nel ricostruire il succedersi degli eventi che caratterizzano il progetto, e Fiat farà lo stesso, limitandosi a sottolineare come il processo di sviluppo fosse stato lungo e tortuoso, rimaneggiato più e più volte, addebitando al marketing “le colpe” non solo dei continui rimpasti ma, in buona sostanza, dello stile definitivo della Ritmo, quasi a volersene smarcare.
Rivendicava invece, non senza un certo orgoglio, l’imposizione dei fari circolari, secondo lui più consoni allo stile della vettura nonostante l’opinione contraria del marketing che li avrebbe voluti rettangolari: “Agli uomini del marketing dissi: posare un faro rettangolare su questa vettura vorrebbe dire introdurre un elemento francese su un disegno italiano”.
Affermazioni rilasciate nel ’79 a Fulvio Cinti di AutoDesign che lasciano alquanto perplessi, in considerazione del fatto che i fari rettangolari erano già presenti sugli italianissimi disegni della 126 e della 131, e sul fatto che quasi tutte le case straniere e non solo le francesi, Alfa, VW e Austin in testa, utilizzassero già da tempo i fari rettangolari, senz’altro elemento di modernità e non certo vezzo modaiolo come invece li giudica Boano nella sua intervista. Tra l’altro, ex post, si scoprirà che il disegno primigenio a cui il Centro Stile farà poi riferimento, aveva guarda caso i fari rettangolari.
Il racconto secondo cui il marketing ha condizionato lo stile della Ritmo risponde al vero, riteniamo non sia invece corretto averne dato negli anni una connotazione negativa.
Soprattutto la stampa ha contribuito a caratterizzarne la negatività, in qualche caso sbilanciandosi addirittura verso un molto chiaro “disegnata dal marketing”, probabilmente indirizzata in tal senso da dichiarazioni simili a quelle rilasciate dallo stesso Boano: “A un certo punto, il marketing ci ha detto: guardate che la concorrenza anche in questa categoria è passata al portellone, bisogna avere un’auto con il portellone a 3 e 5 porte, e che sia innovativa”.
Ci sembra che le osservazioni del marketing fossero di buon senso, tra l’altro riferite a una delle prescrizioni base a cui il progetto che porterà alla Ritmo si doveva attenere, ovvero la praticità.
Se non fosse stato per il marketing, il Centro Stile avrebbe continuato a seguire il filone delle linee tese e minimaliste, quello stile “box on the wheels” che aveva caratterizzato le linee delle Fiat nate nella seconda metà degli anni ’60 e che aveva portato nell’ordine alla 128, alla 132, alla 126 e, soprattutto, alla 131, linee molto tradizionali, forse troppo, tanto da rasentare l’anonimato.
Linee che in ogni caso non andranno del tutto perdute, confluiranno da fine ’74, seppure con dimensioni diverse, in un altro progetto coevo in carico al Centro Stile, l’X1/34 divenuto poi X1/37, progetto che sfocerà nella realizzazione della nuova media destinata ai polacchi della Polski-Fiat: la Polonez.
Abbiamo invece accennato a come il marketing nulla abbia potuto riguardo ai fari tondi, l’elemento che probabilmente, al netto delle dichiarazioni di Boano, già risultava come estraneo al disegno complessivo della vettura.
A tal proposito, Paul Breuer, giovane designer in Fiat dal ’68 al ’72 arrivato insieme a Sartorelli dalla OSI, ha questa opinione: “Il modello originale era molto più bello della Ritmo di produzione, con i suoi fari rettangolari che seguivano la forma del cofano e dei suoi montanti più sottili“. Già, il modello originale, ma qual è il modello originale? ►